Si è tenuto venerdì scorso, anche con grande successo di pubblico, il convegno che Fiagop, AIEOP e SIAMO hanno organizzato a Milano, dal titolo: “Io, adolescente con tumore: l’ospedale che vorrei”.
Protagonisti del convegno sono stati i ragazzi che hanno vissuto l’esperienza della malattia, che hanno fatto sentire la loro voce raccontando esperienze anche molto intime e rispondendo alle domande del pubblico. C’è stato così un ribaltamento di prospettiva: il mondo medico e delle associazioni che ascolta e legge quello che i ragazzi dicono, vivono e sentono!
Al mattino, grazie a Matteo, Federico, Elisa, Alessio, Camilla e Megi si è entrato nel vivo de “l’ospedale che vorrei”: un ospedale in cui siano disponibili protocolli pediatrici, ma dove sia possibile interfacciarsi con esperti per le patologie più tipiche all’età adulta; in cui gli adolescenti con tumore vengano informati per primi della diagnosi e genitori e fratelli possano stare accanto per sopportare il grande carico e non rimanere mai soli. Un ospedale in cui la comunicazione avvenga con la giusta gradualità, per riuscire ad attivare tutte le risorse che i ragazzi hanno in loro stessi senza spaventarli.
Si è parlato anche di spiritualità come un modo di cercare un senso a quello che ti succede e a quello che succederà quando si pensa di aver perso l’aggancio con il mondo che ci circonda. Da qui, l’importanza di vedersi al centro della cura, rispettati e accolti, che accresce la speranza e aumenta anche le stesse possibilità di guarire: sono infatti le relazioni che alimentano le grandi speranze. Una persona sola spera molto meno e può crollare.
Si è parlato di musica, di canzoni, della voglia di esprimere i propri sentimenti. Si è anche sorriso – anzi, riso – ascoltando la confessione di chi – infrangendo le disposizioni salutistiche impartite dai medici – si è preso le libertà che a volte fanno bella l’adolescenza , alla faccia della malattia.
Al pomeriggio, Margherita e Andrea ci hanno portati a considerare l’importanza dell’attività sportiva come “parte della cura”: loro atleti agonisti sono riusciti a riportare un po’ della loro normalità anche in ospedale. Angelo invece ha condiviso il tema della sessualità, con cui un giovane deve fare i conti nonostante la malattia, e infine il fidanzato di Elisa ha parlato dell’amore, di cosa vuol dire amare una persona con tumore. Nessun adulto, nessun medico, nessun addetto ai lavori è citato in queste righe, non perché il loro contributo non sia stato importante, anzi. Ma il convegno è nato così, speciale, fatto per i ragazzi ma soprattutto fatto dai ragazzi. È stata la loro voce a parlarci dei problemi clinici, dei percorsi diagnostici, delle cure oncologiche, ma soprattutto a raccontarci le loro storie, le loro esperienze, i loro bisogni, simili a quelle di tanti altri pazienti come loro. Sono stati loro a indicarci come dovrebbero comportarsi i medici e come dovrebbero essere i reparti, suggerendo e indirizzando anche le azioni delle associazioni che si occupano gli adolescenti malati.
L’ospedale ideale, oltre a fornire tutte le migliori possibilità di cura e assistenza, dovrebbe sostenere la normalità dei ragazzi facendola entrare in reparto, ma anche essere proiettato verso la vita che si svolge fuori con un ponte sempre aperto verso il mondo, per fare in modo che il periodo di cura sia solo una fase della vita dell’adolescente, che poi potrà tornare alla “normalità” senza maschere per quello che ha vissuto, anzi ancora più forte e arricchito di quei valori che solo affrontare un percorso difficile può aiutarti a conquistare. Perché la malattia toglie qualcosa ma restituisce anche tanto.
Per il mondo dell’oncologia pediatrica è stato un appuntamento di grande importanza: venerdì scorso tutti quelli che hanno preso parte al convegno hanno imparato qualcosa.
A cura di Angelo Ricci, presidente di FIAGOP.