Ai tempi del Coronavirus la vita è dura per il Comitato Maria Letizia Verga. Sia il Centro Maria Letizia Verga che il Residence Maria Letizia Verga, la casa di accoglienza per i bambini in cura e le loro famiglie vivono giorni di grandi difficoltà a causa della pandemia di Covid-19.
I medici, le infermiere e gli operatori sanitari continuano a garantire senza tregua tutte le cure e tutte le attività necessarie per svolgere nel massimo della sicurezza il loro compito ancora più difficile oggi. Dato che alcuni di loro si sono dovuti allontanati per andare nei reparti Covid ad aiutare.
Ma sono proprio i bambini e ragazzi in cura, insieme a chi già ha sconfitto la malattia, a dirci che la sfida è reale ma possiamo farcela. Sono loro i testimoni più potenti del fatto che stare in quarantena, lontani dalle persone care, lontani dalla propria “normalità”, è faticoso. Ma se si riescono a trovare i giusti stratagemmi per ingannare il tempo, alla fine della quarantena ci si arriva da vincitori.
Questa grande forza la Dottoressa Marta Verna, medico al Centro, la conosce molto bene e per questo che attraverso i social del Comitato Maria Letizia Verga ha lanciato un appello ai suoi piccoli paziente: “fate un video e insegnate agli adulti che con pazienza, creatività e rispetto delle regole non solo si possono superare le difficoltà di un isolamento forzato, ma la si può fare in modo da uscirne in una versione migliore di se stessi”.
E le risposte non hanno tardato ad arrivare, prima fra tutte quella di Carlotta, 17 anni, che ha girato il suo video messaggio nel giorno del suo quarto anniversario dal trapianto di midollo. Subito dopo Isi, 19 anni che il suo isolamento lungo 4 anni l’ha trascorso in compagnia della musica e per molti mesi come ospite al Residence insieme alla sua mamma.
Come lui anche Mirko, 11 anni, sa cosa significa affrontare la malattia e per di più dover vivere lontani da casa. Ma poi si entra al Residence e si conoscono Maria e Antonio, i due straordinari genitori che gestiscono la struttura. E’ in quel momento che si comprende il perché tutti i nostri bambini e ragazzi, anche a distanza di anni, continuino a parlare di questo posto come di una seconda casa, dove Maria e Antonio sono per ognuno di loro quella famiglia che li accoglie e si prende cura di loro, mentre dalla vera famiglia devono invece stare lontani per salvaguardare la loro salute.
“Al Residence bambini e famiglie sono abituate a tutti gli accorgimenti per garantire il massimo della protezione” racconta Antonio. Ma anche qui oggi la vita è stata stravolta: ogni famiglia è in isolamento nella propria camera e sono state sospese tutte le attività ricreative. Perciò “la giornata è molto più lunga” e lo stesso succede al Centro. Qui medici e infermieri lavorano per continuare a garantire ai nostri bambini e ragazzi le migliori cure e assistenza di cui hanno bisogno. Guarire ogni giorno un bambino in più è la missione del Comitato da più di 40 anni e nemmeno oggi possiamo smettere di lottare per farcela. Sia in Day Hospital che nel reparto di oncoematologia sono state sospese la musicoterapia, il laboratorio di ceramica, i giochi con i volontari Abio e gli scherzi con i clown. Solo la Scuola in Ospedale prosegue la sua attività, seppur da remoto, e la Sport Therapy, progetto realizzato con la collaborazione di Trenta Ore per la Vita, ma solo per i pazienti ricoverati e per quelli che devono già venire in Day Hospital per terapie e controlli.
Anche gli omini del calcetto nella sala d’attesa del Day Hospital si sono fermati e nessuno suona più il pianoforte lì accanto, “c’è uno strano silenzio” racconta Sabrina, la mamma di Alessio. “Ma le cure sono assicurate! Ci sono solo più regole da seguire”. Rosanna, la mamma di Roberta, ci descrive la stessa sensazione “entrare al Centro in questo periodo è come entrare in casa propria senza che nessuno ti venga incontro. Ti senti al sicuro, ma manca qualcosa”. Medici e infermieri hanno lo stesso sorriso di sempre, solo che adesso non si vede più perché è coperto dalla mascherina, adesso lo si può solo percepire, “ma è dirompente e incoraggiante come sempre”.
Anche i genitori indossano la mascherina e devono mantenere una certa distanza l’uno dall’altro. Per ora non possono più abbracciarsi per dirsi “forza ce la faremo”, possono solo scambiarsi sguardi complici attraverso quella mascherina. Ma va bene così, il messaggio arriva lo stesso forte e chiaro “tornerà tutto come prima e saremo ancora più coesi, ancora di più una grande famiglia”.
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