Era l’ultimo weekend di settembre e l’intercity 2792 diretto a Venezia era in partenza dal binario 5 della stazione Termini di Roma. Io , Mariapia, una volontaria ROMAIL, e 5 ragazzi adolescenti tutti curati nel nostro reparto, più una sorella accompagnatrice, stavamo partire per un viaggio che per tutti noi sarebbe stato straordinario e per i ragazzi qualcosa di veramente speciale, l’avverarsi di un sogno.Ognuno di loro portava sulle spalle, nella mente e nel cuore un pesante fardello , fatto di malattia, solitudine e nostalgia della propria terra. Ma la speranza che ognuno di loro coltivava di poter arrivare alla meta guariti aveva creato un legame profondo, più che fraterno.
Abbas, Irina, Sofia, Wilson, Sanna e Abla, i loro nomi richiamano alla mente luoghi lontani come Irak, Ucraina, Venezuela, Senegal, Togo , ma sono anche testimonianza di quanta ricchezza ci può essere nella diversità. Il viaggio a Venezia è stato un regalo che abbiamo voluto fare ai ragazzi perché, oltre all’interesse culturale e artistico derivante dallo studio della lingua e della cultura italiana, volevamo coinvolgerli emotivamente con un dono speciale, un “viaggio insieme”. E Venezia era la meta più ambita.
Quei tre giorni , girovagando per le calli e dentro le chiese tra stupore e risate, sul battello attraverso i canali scattando fotografie per cercare di trattenere in qualche modo tutta quella bellezza, sono stati straordinari per tutti noi e per loro è valso a percorrere un pezzetto di strada verso una personale ricerca della felicità.
Fu questo il vero significato di quel viaggio per Abbas, Irina, Sofia, Wilson, Sanna, e Abla? Forse alla fine la vera metafora è solo quella d’aver accumulato dei bei ricordi, una delle poche cose che nella vita può fornirci la misura d’aver vissuto veramente.
A cura di Emanuela Pasquetto, volontaria di AIL Roma che ha partecipato all’edizione 2015 di Trenta Ore per la Vita.