Sono tutti difficili i giorni, quando vivi accanto ad un bambino con la leucemia o un tumore, ma in questo momento lo è ancora di più.
La terapia è lunga, le analisi sono sempre un punto interrogativo e basta un colpo d’aria o un po’ di sudore per vedere bloccare i cicli di chemio fino a data da destinarsi. E’ così, infatti, che vivono i genitori della Casa di accoglienza Trenta Ore per la Vita di Pescara, gestita dall’associazione AGBE.
“Lava le mani e metti la mascherina”, sono le frasi che si sentono spesso dire i bambini dai propri genitori.
Poi ci sono i bambini ricoverati in reparto, fragili sotto ogni punto di vista, vivono le loro giornate a letto, con controlli cadenzati di medici ed infermieri che somministrano le terapie attraverso quei tubicini che i bimbi hanno imparato a considerare compagni di viaggio.
Le famiglie, che invece vivono in casa alloggio, hanno la possibilità di avere una vita così detta “normale” svolgendo azioni quotidiane, come: riordinare l’appartamento, rifare i letti, fare le lavatrici e incontrarsi con gli altri ospiti della casa nel grande salone; uno spazio in cui genitori e bambini interagiscono con gli altri, le mamme si preparano un caffè, scambiano qualche chiacchiera, mentre i bimbi giocano.
Non è facile gestire il nucleo familiare in questa situazione, ma grazie al lavoro dei volontari di AGBE, le giornate trascorrono serene, nonostante le ansie e le paure che la malattia dei bambini comporta.
All’improvviso qualche settimana fa un nuovo nemico è entrato nella vita delle famiglie ospiti della casa. Il Coronavirus ha cambiato di nuovo la vita dei bambini e dei loro genitori, rompendo tutti gli equilibri che a fatica erano riusciti a costruire all’interno della Grande Casa Trenta Ore per la Vita di Pescara.
E’ così, da due settimane, da quando l’Italia è stata blindata dal famigerato “lockdown” tutto è diventato più difficile: i genitori sono rimasti separati tra loro, i parenti non possono più venire a far visita alle famiglie ospiti della casa alloggio e addirittura le mamme chiuse in reparto con i propri bimbi non possono ricevere la visita del proprio marito. Gli stessi volontari di AGBE non possono più entrare nella Casa e neanche in reparto o in day hospital, dove generalmente si occupavano di intrattenere i piccoli pazienti.
Il presidente dell’Associazione AGBE, Achille Di Paolo Emilio verifica ogni giorno quali siano le esigenze delle famiglie ospiti della Casa, comunica con il reparto e fornisce, grazie al lavoro dei volontari, i beni di prima necessità alle famiglie, contribuendo anche quando necessario al reperimento di materiale ospedaliero richiesto dai medici e genitori.
Una mamma ci racconta come in questi giorni, a causa dell’emergenza COVID-19, sia cambiata la vita in reparto: “ci accorgevamo che il giro di vite era sempre più stretto, ci hanno tolto la possibilità di scegliere i pasti per i bambini”. Un’altra mamma ci ha detto: “da quando è partita l’emergenza non è stato più possibile uscire dal reparto e i bambini non possono più incontrare i papà e i fratellini”. Queste sono solo alcune delle situazioni di disagio che stanno vivendo le famiglie e i piccoli pazienti di Pescara.
“Infatti, è solo la seconda settimana di blocchi e chiusure, la situazione è incerta e le informazioni vengono diffuse giorno per giorno – ci racconta il presidente di AGBE Achille Di Paolo Emilio -non sappiamo bene cosa potrà succedere domani, ma una certezza c’è: nessuna famiglia viene abbandonata a se stessa. Ogni giorno mi informo personalmente sulle necessità delle famiglie, c’è l’intero direttivo che si suddivide gli incarichi, ci sono i volontari che partono e si occupano di trasporti o di fare la spesa”.
Quello che ogni giorno tutti ci ripetiamo e diciamo ai bambini è: #andràtuttobene.