Vorrei parlarvi di un gruppo di mamme di bambini leucemici ricoverati nel reparto di Ematologia pediatrica del policlinico Umberto I di Roma, che si incontrano una volta la settimana con la guida di una terapista con lo scopo di creare uno spazio di sostegno e aiuto. In questa cornice mi sembra significativo riportare alcune riflessioni emerse nel gruppo durante i vari incontri. Quasi sempre il gruppo si riunisce intorno alla preparazione del té, potendo scegliere tra gusti diversi e dolci secchi che a turno ognuna porta o prepara.
Marianna e Stefania entrano nella stanza mentre le altre mamme stanno preparando il té. Parlano tra loro e in un attimo il dialogo diventa comune. Marianna riferisce che il suo Stefano, 20 anni, ha avuto una grave reazione di tipo dermatologico al trapianto; Stefania si mostra molto solidale con lei perché suo figlio Marc, per cause analoghe, ha avuto anche lui gli stessi problemi oltre a quelli di tipo respiratorio e ritorna con la mente al momento in cui hanno dovuto portare il bambino d’urgenza al pronto soccorso.“Stavo morendo di paura – racconta Stefania – sapevo che correvamo il rischio di contrarre ulteriori infezioni. Per fortuna con noi c’era il mitico dottor B. non ci ha lasciato un solo istante .” Sorride ricordando lo scambio di battute con il dottore e si commuove.
Alcune suggestioni ricevute dai lori commenti mi sembrano particolarmente eloquenti ed efficaci e ancor più mi hanno colpito perché frutto di un’esperienza concreta, ma sostenute da un vissuto emotivo forte e condiviso.
Marianna, parlando di Stefano ma estendendo il suo pensiero anche agli altri, dice: “Sono tutti giovani, tutti hanno una vita davanti e hanno voglia di vivere, lottano molto e per tanto tempo.”
Concetta risponde dicendo che non bisogna mai smettere di sperare e per questo ci vuole molta pazienza e molto coraggio. Alcuni discorsi sono in riferimento al ritorno a casa e il pensiero va alla famiglia. Luana dice: “Il valore di certi legami si scopre proprio nei momenti difficili, anche tra fratelli si comportano diversamente e anche con noi genitori.”
Emerge l’importanza della famiglia come elemento che sostiene e come luogo di valori. Rilevante anche la funzione del gruppo che ha favorito un’espressione autentica dei loro vissuti, cosa impossibile nel contesto del reparto o con il personale curante, diventando così quello “spazio” che restituisce la possibilità di pensare gli accadimenti e raccontarli.
Daniel Pennac in Come un romanzo descrive in maniera alquanto poetica quali siano le proprietà del raccontare: “Senza saperlo, scoprivano una delle funzioni essenziali del racconto, che è quella di imporre una tregua alla lotta degli uomini. E l’amore ne esce rinato”.