Il dato è inequivocabile: gli italiani continuano a spostarsi per ricevere delle cure migliori e il fenomeno della migrazione sanitaria è una realtà del sistema sanitario nazionale. Quasi 8 ricoveri ogni mille abitanti avvengono in una regione diversa da quella di residenza, e il dato cresce quando si guarda ai malati di tumore.
Sono i numeri che emergono dal Rapporto del Ministero della Salute, realizzato in base alle schede di dimissione ospedaliera (Sdo): il tasso di mobilità per ricevere delle cure oncologiche è al 9,6%, di circa due punti percentuali in più rispetto alla mobilità generale per acuti in regime ordinario. Ancora maggiore è il valore per la radioterapia: nei primi sei mesi del 2014 quasi 7mila malati hanno ricevuto le cure al di fuori della loro regione.
Sono diverse le cause che possono spingere un malato a spostarsi dalla propria casa per curarsi: dalla carenza di prestazioni sanitarie adeguate alla scarsa fiducia verso le strutture più vicine ai tempi di attesa troppo lunghi. Essere costretti a “migrare” comporta però una serie di rinunce difficili. Quando poi ad ammalarsi di tumore è un bambino, il disagio e i sacrifici investono tutta la famiglia: molto spesso uno o entrambi i genitori sono costretti a lasciare il lavoro per poter accompagnare il figlio nel lungo e difficile percorso sanitario.
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