Era il 2003 quando è stato inaugurato il reparto di Onco-ematologia Pediatrica intitolato a Trenta Ore per la Vita nell’Ospedale di Pescara: prima di quella data, e prima del “famoso Fax” che l’AGBE ci scrisse, non esisteva.
C’era la necessità, o meglio il sogno, di un gruppo di genitori uniti dalla malattia dei propri figli, di poter garantire ai bambini affetti da patologie onco-ematologiche spazi e atmosfere calde e accoglienti, per non relegare quel periodo della loro vita ad un ricordo freddo e triste.
Il primo sogno da realizzare era proprio quello di un reparto interamente dedicato ai bambini, con colori, disegni e quant’altro avrebbe avvicinato quella permanenza ad una sensazione di familiarità e umanizzazione.
Grazie a quel “famoso Fax”, a Trenta Ore per la Vita ma soprattutto, come sempre, alla generosità dei nostri donatori quel sogno è diventato realtà proprio nel 2003.
Già allora, nel reparto di Ematologia, c’era la Dott.ssa Gabriella D’Agostino, oggi coordinatrice infermieristica del Dipartimento di Onco-ematologia. Lo scorso 18 luglio l’abbiamo incontrata proprio nel “suo” reparto e ci siamo messi a parlare. Eh sì: “suo” perché dopo 42 anni di servizio, di cui più di 20 proprio nel reparto di Ematologia, è parte di lei.
Provenivo da un altro ospedale, dove avevo partecipato al corso regionale della Croce Rossa Italiana. Sono stata chiamata qui per coprire i turni durante le ferie. Al mio arrivo, ho conosciuto il Professor Glauco Torlontano, il pioniere di questa unità operativa, che ha profondamente influenzato il nostro approccio in ambito sanitario. L’unità è davvero il suo lascito, essendo stato un medico sensibile che si interessava alle persone al di là delle loro malattie. Era un sostenitore degli infermieri, riconoscendo che il medico non poteva operare efficacemente senza la loro preziosa collaborazione. Era costantemente impegnato nella battaglia per migliorare le condizioni degli infermieri, un atteggiamento raro tra i primari medici.
Ricordo vividamente il Professor Torlontano coinvolgere i familiari dei pazienti, organizzando cortei verso l’amministrazione per affrontare le problematiche relative alle condizioni ospedaliere non adeguate. La sua dedizione era evidente e ispirante.Ho avuto l’opportunità di lavorare in diverse aree dell’ospedale, tra cui chirurgia, rianimazione, sale operatorie, ostetricia e ginecologia. Nel 2000, sono stata chiamata ad ematologia come coordinatrice infermieristica. Il dottor Torlontano è rimasto un primario onorario per noi. Successivamente, è entrato in scena il Professor Mauro Di Ianni, un individuo di eccezionale competenza e sensibilità, nonché un ricercatore di fama mondiale, pronto per qualsiasi sfida.
Da allora la Dott.ssa D’Agostino ha trovato la sua disciplina di appartenenza: l’ematologia.
L’ematologia rappresenta un contesto che fornisce una profonda comprensione umana. Quando la mente non riesce a comprendere, il reparto stesso ti guida in questa direzione. Questo settore genera un senso di progresso, conoscenza ed arricchimento, poiché le persone qui possono effettivamente sconfiggere la malattia. Questa convinzione diventa una spinta interiore a presentarsi ogni mattina, a studiare, a curare, poiché c’è sempre qualcuno che ha bisogno di noi.
Un reparto che, nonostante le sofferenze che quotidianamente vengono affrontate, arricchisce e regala anche gioia. Gioia e speranza, perché se in passato una diagnosi di ematologica era una condanna a morte praticamente certa, oggi non è più così.
L’ematologia è una sfera che arricchisce e allo stesso tempo porta gioia. Nonostante le sofferenze affrontate, riesco a trovare gioia in questa disciplina. Dopo oltre 42 anni di servizio, non ho mai pensato di andarmene, perché c’è ancora tanto bisogno di me. Questo lavoro è un impegno umano che non posso abbandonare: i loro occhi sono i miei occhi.
La mia prospettiva è che c’è sempre spazio per imparare di più; c’è un mondo di conoscenza da acquisire. Ovviamente, ci sono anche sconfitte, poiché non tutti possono vincere la lotta contro queste malattie, e ogni sconfitta è una vita persa e una enorme delusione. Ma in passato una diagnosi ematologica significava spesso una condanna a morte; oggi la situazione è cambiata.
Questa branca richiede una particolare delicatezza umana e, personalmente, cerco di offrire questo aspetto a tutti: gentilezza, relazioni umane, gestione, comunicazione e ascolto. Ascoltare i pazienti è fondamentale, e faccio del mio meglio per farlo; persino da casa, perché so quanto sia importante.
Questo impegno non mi lascia mai, ma alla fine della giornata, c’è sempre la gioia di fare la differenza. Chiudo gli occhi la sera con un senso di felicità. Bisogna sempre essere gioiosi.
La Dott.ssa D’Agostino ricorda il giorno dell’inaugurazione del reparto di Onco-ematologia Pediatrica, che ha permesso, per la prima volta nell’Ospedale di Pescara, di separare i bambini dai pazienti adulti, migliorando radicalmente la loro degenza e la loro esperienza all’interno dell’Ospedale.
Il reparto costruito grazie a Trenta Ore per la Vita ha portato un grandissimo beneficio, perché ci ha permesso di separare le attività degli adulti da quelle pediatriche, migliorando significativamente la loro esperienza complessiva. Il reparto è stato poi rinnovato e, insieme al Day Hospital realizzato sempre grazie al contributo di Trenta Ore per la Vita e alla Casa Trenta Ore per la Vita gestita dall’AGBE, ha contribuito a rendere l’esperienza della malattia ematologica per i bambini e per le loro famiglie meno traumatica.
Alla Dott.ssa D’Agostino, a tutti gli infermieri, i medici e gli operatori sanitari che quotidianamente operano con questa umanità, questa professionalità, questo trasporto e questa sensibilità vanno i nostri più sentiti ringraziamenti. Qualsiasi progetto abbiamo realizzato o realizzeremo in questo settore “poggia” sulle loro spalle e sulla loro sfida quotidiana alla malattia, che portano avanti con dedizione, competenza e attenzione agli aspetti umani del rapporto con i pazienti.
Inoltre è a loro che si affidano i bambini affetti da patologie onco-ematologiche ed è in loro che le loro famiglie ripongono le speranze.
Quindi…grazie!